Nel 2017 lo studio “Coupling of pollination services and coffee suitability under climate change” pubblicato su PNAS aveva evidenziato che, a causa del riscaldamento globale, entro il 2050 in entro 2050 fin quasi il 90 percento dei terreni agricoli destinati alla coltivazione del caffè non sarà più idoneo a sostenere le piantagioni. Un risultato drammatico tanto per le economie locali – basti pensare che nel 2022 si prevede un fatturato di ben 460 miliardi di dollari per l’industria del caffè – quanto per gli amanti della deliziosa bevanda, divenuta un rito mattutino (e non solo) praticamente irrinunciabile per miliardi di persone. Un studio appena pubblicato indica che in presenza di un cambiamento climatico solo moderato (e non estremo), l’intero pianeta perderà metà delle sue migliori terre destinate alla produzione del caffè. L’impatto più significativo si verificherà proprio nelle aree tropicali, col Brasile – principale produttore di caffè nel mondo – che dovrà dire addio al 79 percento dei suoi terreni idonei.
A fare questa fosca previsione è stato un team di ricerca svizzero composto da scienziati del Dipartimento di Scienze delle risorse naturali presso l’Università di scienze applicate di Zurigo (Wädenswil). I ricercatori, coordinati dal professor Roman Gruter, sono giunti alle loro conclusioni grazie ai calcoli di quattordici modelli matematici predittivi relativi alla circolazione globale. Il professor Gruter e i colleghi non si sono concentrati sulle sole coltivazioni di caffè, ma anche su quelle di anacardi e avocado, anch’esse molto importanti dal punto di vista economico per le popolazioni locali (sebbene con un fatturato di gran lunga inferiore rispetto a quello del caffè, essendo stimato un mercato di 6 e 13 miliardi di dollari rispettivamente). I ricercatori hanno determinato che le prolungate stagioni secche, le temperature medie, le basse temperature minime e le precipitazioni annuali – tutti fattori influenzati dal cambiamento climatico – determineranno una riduzione significativa del terreno idoneo alla coltivazione del caffè e degli altri due prodotti.
I parametri che risultano più negativamente colpiti dagli effetti del riscaldamento globale sono un basso pH del suolo (terreno basico), la tessitura del suolo (la distribuzione percentuale di particelle di argilla, sabbia, limo etc etc) e la generazione di pendii ripidi. Tra le tre coltivazioni quella che è risultata più vulnerabile nelle simulazioni è stata proprio quella del caffè, “con impatti climatici negativi dominanti in tutte le principali regioni produttrici”, si legge nell’abstract dello studio. Riassumendo, nel giro di trenta anni ci sarà un vero e proprio crollo delle terre sfruttabili per coltivare il caffè nell’area tropicale, dove attualmente ben 3 miliardi di persone si guadagnano da vivere, come indicato su The Conversation dal professor Denis J. Murphy, docente di Biotecnologia ed Head of Genomics & Computational Biology Research presso l’Università del Nuovo Galles del Sud (Australia). Il problema sarà ulteriormente acuito nel 2050 perché per allora, in base alle stime demografiche, nell’area ci sarà un miliardo di bocche da sfamare in più. I cambiamenti climatici potrebbero dunque innescare una vera e propria catastrofe economica, sociale e sanitaria. nelle regioni tropicali. Se ciò non bastasse, gli scienziati hanno anche calcolato che nel Sud Est asiatico ci sarà una diffusione significativa della malattia che porta lo stelo delle piante a marcire, con un crollo drastico della produzione anche in quest’area.