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Lo sviluppo del settore del caffè appare destinato ad avere un orientamento irreversibile verso la ricerca della qualità. Ma l’offerta di materia prima riuscirà a tenere al passo con la domanda in termini qualitativi?
Come stabilire, a tal fine, modelli di collaborazione nuovi tra l’industria e i produttori all’origine a vantaggio di tutta la filiera?

E come creare un cultura di consumo nuova in Italia similmente a quanto già fatto per vino e birra? Queste le domanda alle quali cerca di rispondere un’analisi pubblicata sul notiziario Host, che vi proponiamo di seguito.
Sempre più persone guardano alla qualità, nel caffè: “Prevediamo un crescente interesse per il caffè artigianale preparato da piccoli torrefattori. Come hanno dimostrato gli Stati Uniti e l’Europa, bere caffè di alta qualità fuori casa incoraggia anche i consumatori a preparare bevande di qualità migliore a casa. Crediamo veramente che in futuro il caffè che beviamo avrà un gusto migliore e che il caffè in generale diventerà una bevanda sempre più di alta qualità” dice Iris Gerlach, responsabile Marketing della tedesca PROBAT-Werke von Gimborn Maschinenfabrik.

 

È d’accordo Fabio Teti, Direttore Marketing di Faber Italia, azienda che si occupa di monoporzionato e vending: “Crediamo fortemente che il valore della tradizione del caffè non calerà. Piuttosto, dopo ondate di trend e influenze europee, il buon uso e consumo dell’espresso rimarrà sempre un pilastro solido della tradizione italiana”.
Insomma, nelle sue varie forme ma vogliamo tutti un caffè buono, perché se no che caffè è? Ma siamo sicuri che la qualità, che è sempre più richiesta, sia percepita correttamente?

“I prezzi del caffè hanno raggiunto i livelli più bassi da 12 anni – dice Edy Bieker,Vice Presidente di Sandalj Trading Company, crudista triestino, e grande esperto di caffè.
A fronte di una grossa produzione e di un aumento della richiesta a livello mondiale, la qualità tende a declinare. Per due motivi: i prezzi così bassi non coprono i costi della raccolta e in certi casi al contadino conviene lasciare le bacche sulla pianta. Viene meno l’attenzione alla qualità e si lavora sulla quantità. Inoltre ci sono stati cambi varietali con la selezione di specie più resistente alle malattie, con la conseguenza che il prodotto è tanto ma è difficile trovare la qualità”.

 

“A volte si guarda più alla “pagella” di un caffè che alla sua effettiva qualità. Noi siamo spinti a cercare sempre nuove fonti arrivando al contadino, il nostro lavoro è cambiato anche perché oggi, grazie alle tecnologie, c’è più possibilità di confronto. Con Skype ad esempio possiamo informarci in modo rapido e certo sull’andamento della produzione”.
E in Italia?
“L’arrivo tra i torrefattori delle nuove generazioni sta davvero cambiando il mercato, rimasto fisso e immutabile per decenni. C’è più attenzione e curiosità verso la materia prima. Ci sono tante situazioni sparse a macchia di leopardo nel nostro Paese che stanno cercando di usare caffè particolari. Il problema, e il limite, del caffè in Italia è la difficoltà a diversificare per valore. Una cosa peraltro che nel vino e nella birra si fa da sempre”.

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Di Massimo Prandi

Massimo Prandi