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James Hoffmann, consulente inglese e autore di libri sul caffè, ha descritto il modo per ottenere un ottimo caffè utilizzando la moka. Ha approcciato un metodo scientifico servendosi di misurazioni derivate dai sensori utilizzati su una “frankenmoka”, cioè una caffettiera moka “frankenstein”, chiamata simpaticamente così proprio a causa delle modifiche tecnologiche applicate a essa per le analisi necessarie.

Moka e tecnologia moderna sono a tutti gli effetti due concetti antitetici, specie se si considera l’essenzialità della moka classica, nata nel 1933 da un brevetto Bialetti, realizzata in alluminio, e composta da una caldaia, un imbuto contenente la miscela polverizzata di caffè e il bricco che ospita la bevanda estratta. L’unica caratteristica che può assumere il ruolo di elemento moderno è la valvola di sicurezza, aggiunta però fin dai primi anni 50, che previene un aumento eccessivo della pressione nella caldaia.

Hoffmann è un profondo conoscitore di tutto ciò che riguarda il caffè, e ha voluto analizzare meglio la moka non tanto per capirne il funzionamento, tutto sommato semplice, quanto per capire se la preparazione del caffè con questo tipo di caffettiera possa seguire delle linee guida al fine di ottenere la migliore bevanda possibile.

La moka utilizzata è opera di Gábor Laczkó, gestore di una piccola torrefazione a Szentendre, in Ungheria, e inventore di Smart Espresso Profiler (SEP), un’applicazione per dispositivi mobili che, con l’aiuto di un sensore di pressione, permette di monitorare e migliorare l’estrazione del caffè espresso.

 

Hoffmann ha utilizzato due frankenmoka con lievi differenze nelle tecnologie applicate. Nel complesso, si è servito di un sensore SEP per la pressione nella caldaia che comunica via Bluetooth con lo smartphone, e quattro sonde per la temperatura. Due di esse sono nella caldaia: una per monitorare la temperatura dell’acqua e l’altra che, infilata nella cannuccia dell’imbuto che contiene la miscela, restituisce la temperatura più vicina a quella a cui viene sottoposta la polvere per l’estrazione. La terza sonda misura la temperatura del bricco superiore. La quarta, la temperatura del caffè in uscita dalla cannula.

L’esperto inglese ha quindi ottenuto una mole significativa di dati in tutti i test svolti che, necessariamente, vista la materia trattata, sono passati anche per fasi di degustazione. Gli elementi sotto esame sono stati la temperatura di partenza dell’acqua, la grana della polvere e il tipo di caffè, la temperatura di preparazione, la quantità di liquido estratta, l’interruzione della fonte di calore, l’uso di filtri aggiuntivi tra l’imbuto e il bricco e l’uso di un “frangifiamma” tra la sorgente di calore e la base della caldaia.

Gli esami hanno dato vita a una serie di accorgimenti per avere il migliore caffè con la caffettiera moka, alcuni già conosciuti dagli appassionati della bevanda, altri assolutamente nuovi.