L’allontanamento dal posto di lavoro, per fruire della pausa caffè, deve essere accertato dal sistema di rilevazione delle presenze, anche in presenza dell’autorizzazione orale del capo ufficio. In questo caso, infatti, il dipendente incorre nel reato falsa attestazione della presenza, essendo sufficiente che, ai fini dell’integrazione del reato, la situazione di fatto (presenza in ufficio) sia diversa da quella reale (allontanamento al bar). Con queste indicazioni la Cassazione penale (sentenza n.29674/2021) ha, da un lato confermato la fattispecie del reato, ma dall’altro lato, ha accolto il ricorso dei ricorrenti sulla possibile applicazione della particolare tenuità del reato, anche in caso di reiterazione, rinviando al giudice di merito la relativa decisione.
Il Tribunale di primo grado e la Corte di appello hanno confermato il reato, di attestazione fraudolenta della presenza, di due dipendenti che, a seguito del riscontro effettuato dalle forze dell’ordine, si erano allontananti dall’ufficio, il primo per una pausa caffè ed il secondo per recarsi al tabaccaio. Trattandosi di pochi minuti di allontanamento, tra la fase di uscita, in assenza della timbratura al cartellino marcatempo, e quella in entrata, i convenuti hanno, tra l’altro evidenziato la particolare tenuità del fatto. Uno dei ricorrenti ha, inoltre, precisato che l’allontanamento dall’ufficio, per pochi minuti, era stato in ogni caso preventivamente autorizzato dal capo ufficio, in assenza del distributore automatico di bevande.
Il delitto di “false attestazioni o certificazioni” si consuma, a dire dei giudici di legittimità, con la realizzazione di qualsiasi comportamento fraudolento che, consista nell’irregolare utilizzo dei sistemi di rilevazione delle presenze e che, il reato in questione concorre con la truffa aggravata, in tutti i casi nei quali la condotta del dipendente pubblico provoca un danno all’amministrazione (decreto legislativo n.165/200). Ricorda la Cassazione che, il nuovo testo dell’art. 55-quater riguardante il licenziamento disciplinare, ha precisato al comma 1 bis, che costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione circa il rispetto dell’orario di lavoro. Nel caso di specie, il delitto si consuma con la realizzazione, da parte dei pubblici dipendenti, di un comportamento fraudolento consistente nell’irregolare utilizzo dei sistemi di rilevazione delle presenze, poiché in ragione della funzione autocertificativa che la timbratura del cartellino elettronico assume, qualsiasi condotta manipolativa delle risultanze di quella attestazione, è di per sé idonea a trarre in inganno l’amministrazione presso la quale presta servizio. Pertanto, nessun rilievo può assumere la circostanza sollevata, in ordine alla “pausa caffè”, considerato che la stessa non integra uno stato di necessità neanche in assenza di distributori automatici e qualsiasi pausa o permesso implicano necessariamente che, l’allontanamento non solo deve essere autorizzato, ma deve trovare traccia nell’utilizzo del badge che segna l’uscita del dipendente. È stata, invece, accolta l’eccezione della difesa sulla particolare tenuità del fatto. Infatti, anche in presenza di ipotesi di reiterazioni, l’applicabilità dell’art.131 cp è stata fondata sulla lieve entità delle singole condotte, isolatamente considerate. Tale soluzione poggia sulla mancata ripetizione, nell’articolo citato, dell’inciso “anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di lieve entità”. In altri termini, tale scelta del legislatore lascerebbe aperta la possibilità, in caso di “reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”, di applicare l’art. 131-bis c.p., all’esito di una valutazione di particolare tenuità delle singole condotte o dei singoli fatti. Spetterà al giudice di appello, cui la causa è rinviata, verificare se gli illeciti non siano espressivi di una tendenza o inclinazione al crimine, dovendo essere soppesata l’incidenza della continuazione in tutti i suoi aspetti, quali gravità del reato, capacità a delinquere, precedenti penali, durata temporale della violazione, numero delle leggi violate, effetti della condotta antecedente, contemporanea o susseguente al reato, interessi lesi o perseguiti dal reo e motivazioni, anche indirette, sottese alla condotta.