Sono ormai cinque le interviste di “Meet the Coffee farmer” uscite fino ad oggi, in un progetto che, sul canale YouTube di Caffelab propone un nuovo episodio a ritmo bisettimanale. In questo progetto curato da Gabriele Cortopassi, trainer della Espresso Academy nonché storico divulgatore del mondo caffè e bar (il primo blog, “Aprire un bar” risale al 2008, agli albori di questa forma di comunicazione), ogni episodio porta lo spettatore in una diversa finca, in una diversa nazione, a colloquio con un diverso produttore di caffè.
Al momento le uscite hanno riguardato un produttore Italiano che vive in Perù, un notissimo (anche in Italia) piantatore Indiano, una super campionessa di Cup tasting che dal nostro paese si è trasferita in Colombia, un farmer Costaricano capace di costruire una vera comunità attorno alla piantagione e un coltivatore messicano, in grado di trasmettere la magia delle comunità agricole centroamericane come nessun altro.
Se fra gli argomenti delle interviste sono interessantissimi quelli inerenti all’aspetto tecnico, le varietà coltivate, le tecniche di lavoro, il rapporto delle piantagioni con gli istituti di ricerca e con le nuove tecniche, spesso sperimentali, di fermentazione, ancora più coinvolgenti sono gli aspetti umani che emergono. È proprio Gabriele a parlarne.
Gabriele Cortopassi: “Lo scopo del progetto era, fin dall’inizio, quello di avvicinare due mondi che, per quanto se ne parli e si enfatizzi anche in chiave pubblicitaria, rimangono sempre molto lontani, quasi astratti, se guardati l’uno dal punto di vista dell’altro: quello del produttore e quello del consumatore, o meglio, della persona che si avvicina al mondo specialty”.
“Nel primo caso” continua Cortopassi “il coltivatore spesso immette sul mercato il suo caffè, cui ha dedicato attenzione, energie, aspettative, sperimentazione, rischi (quasi ad ogni conversazione, per esempio, emergono pericoli rappresentati da serpenti velenosi o perfino da smottamenti del terreno) senza avere idea di come verrà usato, un caffè che esce dal suo radar non appena varca i confini della finca.”
“Dal punto di vista dell’appassionato, invece si banalizza la tracciabilità del caffè fermandosi spesso solo alla nazione (mi piacciono i caffè etiopi) svilendo, appiattendo molto del percorso che vi sta dietro”.
Ancora, dalle interviste emergono a volte situazioni divertenti (la radio a tutto volume fra i raccoglitori in Colombia) e volte drammatiche (le violenze domestiche nelle comunità rurali del Chiapas) ma sempre un lato umano intenso, a tratti commovente.
Il progetto va avanti, con piantatori provenienti da Cina, Nepal, Brasile e altri ancora “Il difficile” racconta ancora Cortopassi “è intervistare i coltivatori delle nazioni del “primo mondo” Hawaiani, Australiani, delle isole Canarie, piantatori che non ci hanno mai risposto. Riproveremo a disturbarli, forse la mail deve solo essere letta dalle persone giuste”.