Il caffè, una delle bevande più amate al mondo, non solo accompagna i risvegli e i momenti di pausa, ma sembra anche influenzare il microbiota intestinale, l’insieme di microorganismi che popolano il nostro intestino. Una recente ricerca internazionale, guidata da studiosi italiani dell’Università di Trento, ha rivelato che chi consuma regolarmente caffè ospita una concentrazione significativamente più alta del batterio Lawsonibacter asaccharolyticus. Si tratta di un batterio che vive nell’intestino umano ed è stato scoperto relativamente di recente, nel 2018. È un microorganismo anaerobio obbligato, il che significa che cresce in ambienti privi di ossigeno, come l’intestino. La sua caratteristica principale è la produzione di butirrato, un acido grasso benefico per la salute intestinale, perché contribuisce a ridurre l’infiammazione e a mantenere la barriera intestinale in buone condizioni. Nonostante ciò la ricerca evidenzia che una concentrazione più alta di questi batteri non influenza in alcun modo la nostra salute, il Lawsonibacter asaccharolyticus è solo un appassionato di caffè

Il team, coordinato dal professor Paolo Manghi, ha analizzato i dati di oltre 77.000 persone provenienti da 25 Paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Cina, e Svezia. È emerso che la presenza del batterio Lawsonibacter asaccharolyticus è da sei a otto volte più abbondante nei bevitori abituali rispetto a chi consuma poco o per nulla questa bevanda. Questo batterio, un microorganismo gram-positivo e anaerobio obbligato, prospera in presenza di caffè, come dimostrato anche da esperimenti in vitro, dove il suo tasso di crescita aumenta notevolmente se nutrito con la bevanda.

L’abbondanza di Lawsonibacter asaccharolyticus varia in base ai modelli di consumo del caffè. È ovviamente più comune nei Paesi dove questa bevanda è largamente consumata, come Lussemburgo, Danimarca e Svezia (stranamente, non è citata l’Italia), mentre è meno presente in aree con un consumo limitato, come Cina, India e Argentina. Tuttavia, il batterio non sembra avere un impatto diretto sulla salute umana: non è associato a rischi di patogenicità né a benefici specifici. Questo risultato ha spinto i ricercatori a esplorare il legame tra alimenti specifici e batteri che invece hanno effetti più significativi sulla salute. Il professor Nicola Segata, coautore dello studio, ha sottolineato che questa scoperta rappresenta un punto di partenza per indagare come altre sostanze alimentari possano stimolare batteri benefici per la salute. Lo studio apre così nuove strade per comprendere meglio il rapporto tra dieta e microbiota intestinale. I dettagli dello studio, intitolato “Coffee consumption is associated with intestinal Lawsonibacter asaccharolyticus abundance and prevalence across multiple cohorts”, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Microbiology.