Caffè Borbone, marchio di riferimento nel business della torrefazione e del caffè monoporzionato, ha voluto approfondire i contesti in cui il caffè è protagonista delle nostre giornate puntando un faro su quello che è il momento di consumo per eccellenza, la pausa-caffè a lavoro.
Un sondaggio condotto dal brand su un gruppo di professionisti con diverse mansioni e livelli, ha immortalato le abitudini di pausa sul luogo di lavoro e soprattutto quali sono le percezioni a riguardo, rivelando alcune impressioni che non tutti ammettono apertamente e facendo luce su un tema da molti forse sottovalutato. A supporto dei dati, la psicologa e formatrice aziendale Erika Cardeti è intervenuta rivelando i benefici della pausa sulle performance lavorative oltre che le buone pratiche per riuscire a prendersi del tempo per sé scalzando la pressione e l’ansia della to-do-list.
Il 62,5% degli intervistati ha dichiarato di limitare le pause a una o due al giorno in un’intera giornata lavorativa di 8 o più ore, solo il 29,2% sale a 3-4 pause al giorno e la restante parte, l’8,3%, non fa mai pause. Il 56,3% ha espresso il desiderio di fare più pause durante l’orario di lavoro. A monte di tutto ciò, vediamo il 66,3% dei rispondenti che definisce i propri ritmi di lavoro stressanti.
Dai risultati è emerso che il 30% dei lavoratori coinvolti non fa pause o ne fa meno per non perdere tempo utile, il 25.1% per non rischiare di uscire tardi da lavoro, il 29% per non interrompere il flusso di lavoro, un 15,9% non prende pause per l’idea di come questo possa essere percepito da colleghi e superiori.
Ciò che emerge è che la pausa sembra essere un tasto dolente, che rallenta la produttività o ruba del tempo utile a poter lavorare per poi riuscire a godersi la vita fuori o, perché no, un ostacolo al normale flusso di lavoro o per il quale sentirsi in colpa. Per coloro che hanno la possibilità di fare smartworking poi, questa tendenza si fa ancora più tangibile e il 67% dei lavoratori ha affermato di fare meno pause che in ufficio.
Una cosa è certa, sia che si lavori in ufficio che da casa, per il 71% dei casi pausa è sinonimo di caffè, il compagno perfetto per i momenti in cui si stacca la spina, un mezzo per recuperare le energie e un validissimo motivo per fermarsi.
Caffè Borbone ha coinvolto Erika Cardeti, psicoterapeuta e formatrice aziendale per la società di formazione CLEVER Coaching & Training, a sostegno dell’importanza delle pause come bisogno fisiologico del nostro organismo. La psicologa ha analizzato i dati raccolti dal sondaggio di Caffè Borbone fornendo consigli pratici su come vivere e gestire le pause soffermandosi sui benefici sia psicologici che fisici.
“Il mondo è bello perché vario, come essere umani, tutti differenti, il bisogno di fare pause cambia da persona a persona. Quindi un primo consiglio è quello di imparare a conoscersi. Quanto è il tempo massimo in cui riusciamo a stare focalizzati senza distrarci su un determinato compito? Per esempio, il mio tempo massimo è un’ora, quindi so che ogni ora ho bisogno di micro-pausa, 10 minuti, in cui sgranchirmi le gambe, bere un caffè, pensare a qualcosa che non sia il lavoro”.
“Le pause al lavoro sono demonizzate, come se fermarsi volesse dire non essere performanti. Decomprimere significa ascoltare i propri bisogni liberando la propria mente resettando i livelli emotivi. Perdersi di vista ci porta ad accumulare, ad ingigantire piccole situazioni facilmente risolvibili sul momento, questo porta a stress che in termini sintomatologici si traduce in insonnia, malattie psicogene (dermatiti, gastrite, cefalee…), iperfagia o ipofagia, senza contare un calo della motivazione che a lungo termine porta ad un minor attaccamento al lavoro.”
La pausa consente, inoltre, di stimolare la creatività e di sviluppare la capacità di problem solving.
“Un cervello sgombro da pensieri e stanchezza è un cervello più attivo, in grado di spaziare. Ricordiamoci che la creatività è la competenza base che ci permette di essere degli ottimi problem solver. Essere creativi vuol dire creare velocemente connessioni, utilizzare con flessibilità il pensiero laterale ed essere così capaci di vedere le cose sotto un altro punto di vista e quindi di generare soluzioni.”
Se è vero che il caffè è spesso sinonimo di pausa, allora in un contesto lavorativo emerge un altro aspetto fondamentale: quello di un perfetto momento di socialità, durante il quale creare un ambiente con un clima positivo e conoscersi con l’altro, a prescindere dai ruoli.
“Un buon clima non solo stimola la motivazione ma va ad aumentare la collaborazione e va da sé la produttività, due cervelli sono sempre meglio di uno! A conferma di questo basta fermarsi a pensare alle conseguenze che ha avuto il Covid anche nei contesti aziendali. Il non vedersi di persona ha indebolito relazioni, molte persone hanno riferito di sentirsi isolate e non più parte di un team, nonostante la tecnologia ci sia venuta in aiuto. Quindi ben venga un buon caffè in compagnia, magari proprio con persone anche di altre funzioni.”