Quali sono gli attori che giocano un ruolo all’interno del meccanismo di determinazione dei
prezzi? E quali dinamiche sono messe in atto?
Il mercato del caffè ha avuto un andamento relativamente stabile fino al 1989. Dal 1962 i paesi
produttori di caffè si erano accordati per stabilizzare il prezzo del caffè e determinare delle quote di
esportazione. L’emergenza di nuovi produttori al di fuori dell’ICO, complicò il sistema di
stabilizzazione dei prezzi (poiché questi paesi esportavano il caffè a prezzi più bassi di quelli
stabiliti dall’ICO) e rese più complicato il sistema di regolamentazione basato sulle quote di
esportazione. I tentativi di accordi tra i paesi membri dell’ICO e quelli non membri fallirono nel
luglio 1989. A partire da quel momento, si cominciò a parlare di libero mercato del caffè.
La liberalizzazione del mercato successiva al 1989 ha causato il riversamento sul mercato di tutte
le scorte, provocando un crollo del prezzo, che scese ai livelli degli anni Trenta.
La situazione ricominciò ad apparire più stabile quando nel 1993 fu fondata l’ APPC (associazione
dei paesi produttori di caffè) che è riuscita, in una prima fase a fissare delle limitazioni regolari alle
esportazioni. All’inizio del 2000 l’APPC ha iniziato un programma di ritenzione del 20% delle scorte
che però è fallito perché molti paesi produttori non l’hanno rispettato. Questo, unito al mancato
pagamento delle rispettive quote da parte di molti dei paesi africani, come conseguenza della crisi
dovuta all’abbassamento del prezzo mondiale del caffè, ha portato alla sospensione delle attività
dell’APPC a partire dal gennaio 2002. n questo quadro mondiale di continue oscillazioni, un ruolo fondamentale è giocato dagli
speculatori finanziari: attraverso gli strumenti di ingegneria finanziaria basati sui contratti a
termine, conosciuti come futures, il caffè viene acquistato dalle grandi società importatrici
occidentali ancor prima di essere raccolto, fissando un termine per la consegna. Il caffé viene
pagato quasi interamente al momento della consegna, per cui se nel periodo che intercorre tra
l’acquisto e la consegna il prezzo aumenta, l’acquirente può rivendere il caffè ancora prima di
averlo fisicamente ricevuto. Su questi contratti futures sono stati costruiti negli anni strumenti
finanziari complessi e rischiosissimi, che spostano ingenti quantità di denaro non collegato a
nessun flusso reale di merce nel periodo di vigenza del contratto. Il caffè diviene, così, oggetto di
grandi speculazioni finanziarie che innalzano o abbassano il suo prezzo attraverso dei
meccanismi che prescindono dal reale andamento della produzione.
I produttori non partecipano a questo gioco rischioso. Non hanno alcun potere contrattuale
nella determinazione del prezzo. Essi subiscono pesantemente gli effetti negativi della caduta dei
prezzi, ma non traggono alcun beneficio dal loro aumento, a causa dei molti intermediari, chiamati
coyotes, che acquistano il caffè dai piccoli produttori a prezzi bassissimi per rivenderlo alle grosse
multinazionali del caffè. Vendere il caffè ai coyotes rappresenta spesso l’unico modo di
sopravvivere per molti piccoli contadini che dipendono totalmente dalla coltivazione del caffè e non
hanno altre vie d’accesso al mercato.
A questi fenomeni si contrappone oggi il concetto di mercato equo o equo e solidate che, tramite una serie di forme di convenzioni e tutele per l’agricoltore, anche mediante un coinvolgimento etico del consumatore, tendono a remunerare in modo più corretto tutte le figure della filiera.