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Caffè e demenza, la correlazione esiste, in base a quanto riportato dalla rivista specializzata di settore “New England Journal of Medicine”. La stessa cita uno studio che in realtà presenta anche quelli che sono gli aspetti positivi di una corretta assunzione di caffè.
La misura ideale è indicata in 2-3 volte al giorno, con pochissimo zucchero e molto meglio se senza. Il corrispettivo deve essere di 400 mg quotidiani. Per quanto riguarda le dolenti note, esse arrivano dai ricercatori della Università dell’Australia del Sud.

Gli esperti hanno tratto la conclusione in base alla quale bere caffè in eccesso, e quindi in maniera sregolata, comporta una esposizione maggiore ad una riduzione di dimensioni del cervello. Che comporta a sua volta una maggiore predisposizione ad incappare in casi di demenza. Questo risultato è giunto dopo avere osservato ben 17mila persone e le loro abitudini in fatto di consumo di caffè quotidiano nel corso di un determinato periodo di tempo. A rischiare di più sono le persone che bevono un numero pari a 6 o più tazze al giorno. E per tazze si intendono anche quelle ben più grandi delle consuete tazzine alle quali siamo abituate in Italia.

 

Specialmente nei Paesi anglofoni c’è l’usanza di usarne di più grosse. Non sono chiari i procedimenti che comportano la sopra citata riduzione del tessuto encefalico. E comunque i soggetti in questione erano per oltre il 90% bevitori moderati di tale bevanda.
E solo pochissimi presentavano la predisposizione alla demenza. Anche in virtù di ciò si prevede la messa in pratica di ulteriori studi analoghi già nell’immediato futuro. Il rischio indicato comunque è ritenuto fattibile.
Si ritiene che ad essere responsabile in tal senso possa essere la caffeina, che va a legarsi ai recettori della adenosina proprio nel cervello, modificando la struttura dello stesso. Tale procedimento genera anche un effetto positivo, con la caffeina che attiva la concentrazione ed in generale è associata alla “produzione” del buonumore.