Il caffè takeaway per molti è un piacere, ma un nuovo studio mette in guardia: berlo vuol dire ingerire quantità significative di microplastiche. Il lavoro, pubblicato in Journal of Hazardous Materials, ha mostrato risultati sorprendenti e ha lanciato l’allarme sui più comuni materiali di cui sono composti i contenitori usa e getta. A preoccupare sono ora gli impatti a breve e lungo termine sulla salute.
A concentrarsi su quanto il caffè preso in modalità takeaway possa diventare una fonte di esposizione a microplastiche ci ha pensato un team dell’Università di Sichuan in Cina. I ricercatori si sono concentrati sull’analisi di 3 tipi di contenitori usa e getta, composti da diversi materiali: polipropilene, polietilene tereftalato e polietilene. Hanno, dunque, riempito tazze e bicchieri monouso con 400 ml di acqua a temperatura ambiente e li hanno coperti con un foglio per evitare contaminazioni esterne. Hanno, dunque, agitato i contenitori per un minuto e hanno lasciato che il liquido restasse esposto all’inquinamento da microplastiche provenienti dall’oggetto stesso per 5 minuti. L’analisi dei risultati è stata condotta con l’ausilio di un beaker di vetro sterile.
Il nuovo studio ha mostrato che bere un singolo caffè da portar via può significare ingerire davvero molte microplastiche. È stato, infatti, calcolato che, nell’arco di 5 minuti, per i campioni esaminati, nell’acqua finivano per disciogliersi tra 723 e 1.489 particelle. La bevanda calda e la tendenza ad agitare il caffè durante i tragitti aggravano ulteriormente il bilancio. Tazze e bicchieri usa e getta in polipropilene, purtroppo ancora molto diffusi, risultavano i peggiori. Le stime suggeriscono, quindi, che chi beve in media un caffè takeaway ogni 4-5 giorni, arrivando a prenderne un paio a settimana, ingerisce in un anno tra le 37.613 e le 89.294 microplastiche, nella migliore delle ipotesi.
Il caffè takeaway, come fonte di microplastiche, può diventare una minaccia per la salute umana. Tali particelle hanno, infatti, un diametro inferiore ai 5 mm e riescono, quindi, a infiltrarsi con facilità all’interno delle cellule. Secondo quanto dimostrato, l’esposizione a tali sostanze può causare l’innescarsi di processi infiammatori con un conseguente aumento dei livelli di stress ossidativo nelle cellule. Alcune ricerche mostrano persino che le microplastiche sono in grado di danneggiare il DNA. A oggi mancano ancora dati precisi sui danni a lungo termine che le particelle possono provocare, ma la loro pericolosità appare del tutto attestata.
Il caffè takeaway non rappresenta l’unico mezzo di esposizione alle microplastiche. Queste particelle entrano nei nostri corpi quando mangiamo e persino mentre respiriamo. Sul pianeta non esistono più luoghi sicuri e il ritrovamento di molecole inquinanti sulla cima dell’Everest e nei punti più remoti dell’Artico lo dimostrano. A fronte di questo gli autori sottolineano che la questione delle tazze e dei bicchieri usa e getta deve essere presa seriamente.