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Tessuti prodotti con materie prime naturali e colorati in modo altrettanto naturale. Anche usando i residui della macinazione del caffè. È il cuore dell’intesa tra il Lanificio Bottoli di Vittorio Veneto, insegna storica risalente al 1861, e l’altrettanto affermata sigla della torrefazione Dersut, fondata nel 1954, nella vicina Conegliano. Il modello calza a pennello con lo schema improntato dall’azienda tessile nel privilegiare lo schema «chilometro zero» e un ciclo di lavorazione tutto interno a cui si devono logiche di sostenibilità adottate in largo anticipo rispetto agli ultimi anni.

 


La Lana di cui Bottoli si rifornisce solo in Italia da allevamenti tra Marche, Abruzzo e Molise, mentre sono già adottati da tempo metodi di tintura con piante particolari come l’indaco, la sudamericana campeggio per ottenere i colori sul grigio, o il catechu per la gamma dei marroni, considerando la diversa risposta cromatica a seconda della natura delle fibre (lino, canapa, seta ed altro). Altre soluzioni comportano l’uso dell’ortica, delle fibre d’alga, del gelsolino, derivato anche dal legno di gelso, e dell’abaca.

I fondi di caffè, più in dettaglio, saranno usati per la tintura della seta destinata alla collezione primavera-estate 2023. Dei 2.500 disegni differenti che l’azienda presenterà al prossimo Salone italiano del tessile Milano Unica, il 1. e 2 febbraio, circa il 40% sono ottenuti con prodotti ecofriendly, che, oltre a un evidente risparmio di energia e acqua, permettono anche di non rovinare i tessuti, come con le tinture chimiche, e di assicurare una maggior tenuta ai lavaggi.